Poi dice che la gente si butta a destra

uccellini e uccellacci pasolini

 

C’è un minimo vitale antropologico costituito dai cosiddetti bisogni primari, uguali in tutti gli uomini, e sotto il quale non si può scendere. Tutti hanno bisogno di mangiare, di bere, di dormire, di fare l’amore, di avere un tetto, ecc. Si tratta di una zona irriducibile, di un grado zero della cultura, in cui i bisogni sono uguali per tutti, una sorta di democrazia biologica, nella quale l’individuo non potrebbe essere alienato nel bisogno, ma solo essere privato dei mezzi per soddisfarlo. Poi ci sono i bisogni secondari, sono i bisogni legati alla storia, alla cultura, alla propria posizione nel mondo, quelli ai quali si può rinunciare senza morire. Oltre il livello primario, l’individuo non sa più quello che vuole, o se quello che vuole corrisponde a un suo bisogno genuino oppure a un bisogno indotto, a un falso bisogno. Aldilà della soglia l’uomo può essere oggetto di manipolazione o di mistificazione. Aldiqua della soglia, invece, il bisogno primario lo trattiene nella sua innocenza primitiva e naturale.
È a quest’uomo primitivo e naturale, condannato dalla storia a non arrivare alla terza settimana del mese, che si rivolgeva chi percepiva la propria vocazione politica come empatia tra persone parimenti innocenti.
Come è possibile, chiedeva con retorica il politico innocente, che chi sta al governo non si accorga che c’è gente che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese?
Poi la storia ha dimostrato che a non farcela ad arrivare alla fine del mese è stata proprio questa politica. E non ce l’ha fatta perché la gente non poteva riconoscersi nell’uomo primitivo, prigioniero di bisogni basici. Ma soprattutto perché non poteva riconoscersi in un politico che pretendeva per sé, quello che negava agli altri: la possibilità di morire per un bisogno non primario, di poter morire per un bisogno culturale, per un’idea.
Il popolo servile può morire solo di fame. Mentre il padrone, libero dal bisogno, non ha necessità di sporcarsi le mani per campare, può scegliere di che morte morire. Se tutto ciò ricorda Hegel; se la dicotomia bisogni primari / bisogni secondari puzza un po’ di teologia è solo un caso.
C’è una scena di un film di Totò (credo) in cui si vede un’intera famiglia fare le valige, chiudere le persiane sbattendole, scendere le scale rumorosamente, assicurandosi che i vicini assistano alla partenza, per poi tornare senza farsi notare e tapparsi in casa. Tutto per non far sapere ai vicini che non c’erano soldi per comprare i botti di capodanno.
C’è gente del popolino che può tenere i riscaldamenti chiusi in inverno, ma non può rinunciare alle sigarette, o al caffè al bar; c’è gente del popolino che può rinunciare a comprare le medicine, ma non può rinunciare ad una telefonata alla famiglia che vive in un altro continente; c’è gente del popolino che rischia tutti i giorni di essere licenziata e perdere lo stipendio, perché si incaponisce e si oppone, manco i ciucci, allo stato delle cose; c’è gente del popolino che può rinunciare alle feste, e chiudersi in casa, come morta, ma non può rinunciare ai botti di capodanno. Poi c’è il politico che suona al campanello, e, sapendosi più intelligente degli altri, ti sgama, togliendoti quel poco che ti era rimasto – morire con dignità, morire per un’idea.
Poi dice che la gente si butta a destra.

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